sabato 22 dicembre 2007

Il risultato di Bali per l'ambiente


È stato un compromesso sofferto, che ha rischiato più volte di abortire. Ma alla fine la conferenza Onu di Bali ha partorito un accordo per negoziare «prima possibile e non più tardi dell’aprile del 2008» la prima fase del protocollo di Kyoto, che scade nel 2012. L’obiettivo è quello di arrivare entro la fine del 2009 a un nuovo piano di contrasto al riscaldamento terrestre.

Braccio di ferro Usa-Ue
L’intesa è giunta con il via libera degli Stati Uniti, in linea di principio contrari alla definizione di vincoli obbligatori sulle emissioni di gas serra. Gli Usa hanno così messo fine al loro braccio di ferro con l’Unione Europea, che spingeva per la riduzione delle emissioni del 25-40% entro il 2020: vincoli ritenuti inaccettabili da Washington. Il piano adottato oggi, in realtà, non fa alcun riferimento ad obiettivi specifici per la riduzione dei gas a effetto serra, ma rinvia alla relazione del gruppo di esperti sull’evoluzione del clima, che dovrebbe suggerire il livello di riduzione necessario. Una soluzione che, alla fine di un lungo tira e molla, è stata accettata anche dall’Ue.

La soddisfazione di Ban ki-moon
Nella sostanza, i partecipanti della conferenza di Bali si sono messi d’accordo per lanciare nuovi negoziati per il dopo Kyoto, in considerazione della scadenza del "vecchio" protocollo nel 2012. Il protocollo di Kyoto, che gli Stati Uniti non hanno ratificato, obbliga 36 paesi industrializzati a ridurre entro il 2012 le loro emissioni di gas a effetto serra del 5% rispetto ai livelli del 1990. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, ha ringraziato gli Stati Uniti per la loro flessibilità. «Mi sento incoraggiato (dall’intesa, ndr) ed ho apprezzato lo spirito di flessibilità della delegazione americana e degli altri partecipanti più importanti», ha detto il leader delle Nazioni Unite.

Le lacrime di de Boer
Il ministro francese per l’Ecologia, Jean-Louis Borloo, da parte sua si è detto soddisfatto per l’intesa raggiunta. «È stata difficile ottenere l’impegno di tutti», ha commentato. «L’accordo permette agli Stati Uniti di unirsi a noi e questo è essenziale». Il segretario della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici, che organizza i summit annuali sul clima, e quindi anche questo di Bali, Yvo de Boer, ha pianto nella sessione plenaria davanti a ministri e delegati. Era stato accusato duramente da Cina e India per aver aperto la plenaria mentre era in corso un confronto tra i paesi in via di sviluppo del gruppo G77&Cina. «Non lo sapevo», si è scusato in lacrime De Boer, dinanzi al segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e del presidente della repubblica dell’Indonesia, giunto al summit questa mattina. De Boer ha lasciato la sala con la voce strozzata.

venerdì 21 dicembre 2007

Passo indietro di Tokyo sulla caccia alle balene


Parziale ripensamento del Giappone nella sua scelta di proseguire la caccia alle balene malgrado le proteste piovute su Tokyo dai governi di mezzo mondo. Da oggi in poi la flotta di baleniere del Sol Levante attualmente impegnata nell'Antartide non ucciderà più le megattere, specie ritenuta a rischio di estinzione, senza però rinunciare a portare avanti l'obiettivo di catturare complessivamente circa mille esemplari entro l'inizio del 2008.

A dare l'annuncio dello stop, precisando che durerà uno o due anni, è stato un portavoce del governo giapponese. La scelta fa seguito alla decisione australiana di spedire unità della guardia costiera per pattugliare le acque antartiche a caccia di prove da utilizzare in un eventuale processo contro il Giappone davanti alla giustizia internazionale.

"La nostra scelta dovrebbe avere l'effetto di migliorare le relazioni con l'Australia - ha osservato il portavoce del governo giapponese - ma dipende da come viene accolta. Gli australiani danno un nome ad ogni megattera, per le quali provano sentimenti di grande affetto, qualcosa che io non riesco a capire, ma in Australia è un vero e proprio sentimento nazionale".

Le quote fissate originariamente dal Giappone per la caccia alle balene (che Tokyo si ostina a definire una "missione scientifica") prevedevano l'uccisione di cinquanta esemplari di megattere. In Giappone la carne di balena è considerata una prelibatezza gastronomica.

giovedì 20 dicembre 2007

Kosovo: impossibile soluzione

''Sfortunatamente la possibilità di raggiungere una posizione negoziata sul Kosovo è adesso esaurita e, al momento, le posizioni delle due parti rimangono diametralmente opposte''. E' toccato al ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema sancire in modo ufficiale quello che tutti, da un bel po', sapevano già.
Nulla di fatto. La discussione davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del memorandum presentato il 10 dicembre scorso dalla trojka dei mediatori (Russia, Usa e Ue) è terminata in un nulla di fatto. La seduta, a porte chiuse, come richiesto dalla delegazione serba e da quella albanese del Kosovo, ha sancito la distanza siderale tra le posizioni. Nessuno è disposto a fare un passo indietro, anche perché i kosovari albanesi si sentono forti dell'appoggio di Washington e i serbi dell'appoggio della Russia. Una nuova guerra fredda insomma, che apre scenari di difficile previsione a questo punto delle cose.
Nel braccio di ferro tra Mosca e Stati Uniti, l'Ue mantiene la sua posizione, per una volta, unitaria. Indipendenza si, ma in un quadro concordato e sostenuto dalla missione civile di tecnici approvata il 14 dicembre scorso, alla quale la Serbia continua a dirsi contraria.
Nessuno per il momento si è sbilanciato, ma la sensazione è che lo status del Kosovo resterà congelato fino a quando non si sarà tenuto il secondo turno delle presidenziali in Serbia, presumibilmente il 3 febbraio prossimo.
Fantasmi di secessione. Intanto la situazione in Kosovo pare congelata, non solo in senso metaforico per le basse temperature che affliggono la provincia serba in questi giorni. Solo una manifestazione, ieri, per le strade di Mitrovica nord, la parte della città a maggioranza serba, che minacciava a sua volta la secessione in caso d'indipendenza al Kosovo.
Per il resto la popolazione locale, serba e albanese, è sempre più alle prese con drammatici problemi economici e, pur nel sostegno a tesi opposte, i due gruppi paiono più interessati a sopravvivere che alla politica.
Non sono dello stesso avviso alcuni analisti d'intelligence che, proprio oggi, ripresi dalle agenzie di stampa internazionali, hanno lanciato l'allarme sicurezza sul Kosovo. Si temono, in caso di violenze, infiltrazioni in Kosovo da parte di estremisti musulmani dalla Bosnia-Erzegovina, provenienti dalla zona di Sarajevo, in sostengo dei kosovari. Tanto quanto di fanatici nazionalisti serbi dall'altra parte.
Inoltre il livello di esposizione per le missioni Unmik e Kfor, rispettivamente gli uomini Onu e Nato in Kosovo, si eleverà fino al punto di massimo pericolo. Per non parlare dell'aumento di traffici illeciti e di profughi dal Kosovo verso l'Europa.
Infine, secondo i servizi segreti italiani e non solo, c'è il rischio di un effetto domino nella regione con una serie di richieste d'indipendenza a catena.
Tutte storie già sentite e che per i kosovari, serbi e albanesi, lasciano il tempo che trovano. L'aumento dei prezzi, le pensioni da fame e la disoccupazione non interessano gli analisti.

venerdì 14 dicembre 2007

Abolita la pena di morte nel New Jersey


Il New Jersey ha abolito la pena di morte diventando il primo stato americano che ha soppresso la pena capitale per legge da quando venne ripristinata nel 1976 dalla Corte Suprema.

La maggioranza democratica dell'Assemblea locale ha votato a favore del provvedimento che è passato con 44 sì e solo 36 voti contrari. Perché il bando diventi effettivo manca ancora la ratifica del governatore democratico Jon Corzine, un abolizionsita convinto che ha già detto che la firmerà.

Lunedì la messa al bando del boia era stata approvata dal Senato. Il voto di oggi è simbolico: il New Jersey non metteva a morte nessuno dal 1963. Lo stato diventa così il 14esimo negli Usa che non ha la pena capitale in un momento in cui anche in America è in atto un ripensamento sulla 'morte di stato'. Anche negli altri stati che la prevedono - 37 - da settembre vige un regime di moratoria di fatto delle esecuzioni, da quando la Corte Suprema ha certificato l'incostituzionalità del sistema dell'iniezione letale, l'unico ormai in vigore tranne che in Nebraska.

L'effetto di quella che è una giornata storica per gli oppositori della pena di morte è quello di dare ancora più dinamismo al movimento che si batte negli Stati Uniti per ottenere l'eliminazione totale del boia.

La Corte Suprema ascolterà il mese prossimo le due parti nella vertenza legale che potrebbe portare ad una sentenza ancora più importante, dovendo decidere sulla legalità delle iniezioni letali.

E la prossima settimana sarà l'Assemblea Generale dell'Onu a votare, il 18 dicembre, sulla proposta di moratoria sulla pena di morte promossa dall'Italia e giunta adesso al traguardo finale.

Tutti segnali che mostrano come il partito degli avversari della pena di morte stia diventando ormai maggioritario sia a livello internazionale sia in un paese come gli Stati Uniti dove solo 13 stati non avevano finora le pena di morte nei loro ordinamenti.

La moratoria di fatto sulle esecuzioni negli Usa ha bloccato a 42 il numero delle vittime del boia quest'anno negli Stati Uniti. E in New Jersey, gli otto detenuti nel braccio della morte vedranno ora trasformata la loro pena in ergastolo.

mercoledì 12 dicembre 2007

Ambiente, albero vero o finto?


Abete naturale o sintetico? Con il Natale alle porte, è questo il dilemma che attanaglia molti italiani, soprattutto quelli che vogliono avere un particolare occhio di riguardo per l’ambiente.

Per molti anni si è pensato che acquistare un abete naturale, per abbellire il salotto di casa nel periodo natalizio, fosse un atto crudele contro l’ambiente, perché sinonimo della deforestazione.

Negli ultimi anni la tendenza è cambiata: ''Si tratta di un pregiudizio vero e proprio che deriva dalla disinformazione’’ sostiene a Ign, testata on line del Gruppo Adnkronos, Stefano Masini, responsabile per l’ambiente di Coldiretti. ‘’Gli abeti vengono coltivati e ‘allevati’ all’interno di vivai specializzati in aree collinari che altrimenti sarebbero abbandonate e quindi non coltivate: riempire queste zone con abeti destinati al commercio natalizio rappresenta, fra le altre cose, un contributo al presidio del territorio''.

Non tutti gli abeti acquistati a Natale provengono poi da questi vivai: una piccola parte (circa il 10%) viene recuperato dagli scarti delle potature che la forestale compie ogni anno per sfoltire le piante che impediscono lo sviluppo omogeneo dei boschi italiani.

‘’Noi di Coldiretti – continua Masini – quest’anno abbiamo voluto puntare soprattutto sull’aspetto climatico della questione: un albero naturale è un ‘prodotto’ a emissioni zero a differenza di quello sintetico, che viene realizzato con sostanze plastiche come il PVC (polivinilcloruro). Questo significa che viene ottenuto dal petrolio e che quindi, in fase di realizzazione, ha prodotto delle emissioni nocive all’atmosfera’’.

Dello stesso parere è anche Antonio Nicoletti, responsabile delle aree protette per Labambiente, che aggiunge a Ign: ''Non è vero che gli abeti naturali vengono coltivati con sostanze inquinanti come fertilizzanti e fitofarmaci. Questo tipo di piante non necessita un particolare uso di sostanze simili. Inoltre, gli abeti provenienti da questi vivai hanno la certificazione FSC rilasciata da un organismo internazionale, che garantisce l’utilizzo di particolari standard forestali nell’allevamento della pianta, standard che escludono l’uso di fertilizzanti e fitofarmaci’’.

Lo svantaggio più grande degli abeti naturali rimane comunque il loro smaltimento: passate le feste, sono pochi quelli che sopravvivono all’interno delle case e le famiglie se ne devono disfare in qualche modo. ''La maggior parte purtroppo finisce nelle discariche, nel migliore dei casi vengono riutilizzati come biomassa’’ ammette Nicoletti. ''Si tratta di un problema di cultura: bisognerebbe coinvolgere i cittadini in un progetto più ampio e questo lo devono fare le amministrazioni comunali, incoraggiando la riforestazione, creando dei ‘boschi di Natale’ in cui poter piantare tutti gli abeti utilizzati durante le feste’’. Gli fa eco Masini: ''Il protocollo di Kyoto non riguarda solo Bush o Blair, i cittadini devono imparare che non dobbiamo pensare solo a modi di produrre nuove energie, ma anche e soprattutto a gestire al meglio le risorse che già abbiamo’’.

domenica 9 dicembre 2007

Mugabe, il male dell'Africa


E il caso Mugabe alla fine è deflagrato al vertice della Ue con i Paesi africani: Angela Merkel ha attaccato direttamente e pubblicamente il presidente dello Zimbabwe per la sistematica violazione dei diritti umani, che fa di lui il primo dei 131 personaggi che non possono entrare nella Ue. "Tutta l'Europa unita ha la stessa visione" ha detto la cancelliera tedesca, ed è che "lei rovina l'immagine della nuova Africa".

Le spine però non si fermano al capo dell'ex-Rhodesia britannica. IL presidente della Commissione dell'Unione africana Alpha Oumar Konaré, del Mali, ha denunciato il "forcing" degli europei nei negoziati su nuovi accordi commerciali fra la Ue e i Paesi dell'ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) e ha accusato la Commissione Ue di stipulare accordi con piccoli gruppi o singoli Stati dell'ACP. "Rivendichaimo di avere tutto il tempo per decidere di farlo collettivamente per non impoverire le nostre popolazioni e non ripetere quel che è successo in un'altra epoca" ha detto, evocando il colonialismo.

Valerie Amos, origini giamaicane, mandata dal governo inglese il cui premier Gordon Brown ha rifiutato di essere presente per non incontrare Mugabe, lo ha giustificato dicendo che media fra il dittatore e i suoi oppositori.
Mugabe ha ascoltato impassibile. "Angela Merkel ha parlato per tutta la Ue", ha commentato lo svedese Fredrik Reinfeldt. "Io spero che questa atmosfera di cooperazione riesca anche a far sorgere una mediazione su questo tema" ha sdrammatizzato Romano Prodi. L'Italia ha stanziato 40 milioni di euro alla Ua per aiutare gli sforzi di pace e di ricostruzione nel continente africano.

Il premier italiano ha avuto parole conciliati anche per un altro dei leader più osservati, Gheddafi, che venerdì aveva attaccato all'università di Lisbona le potenze coloniali, l'imperialismo, l'Onu. "Oggi ha fatto un discorso molto più tollerante. - ha commenato Prodi".
E il colonello libico ha avuto una plateale stretta di mano da Nicolas Sarkozy, che la prossima settimana lo riceve a Parigi fra polemiche. "Sono felice del suo arrivo".
Intanto fuori la polizia teneva lontani, separati gruppetti di seguaci di Mugabe, di Gheddafi, che hanno gareggiato a chi arrivava ultimo al vertice, e di attivisti dei diritti umani.

sabato 8 dicembre 2007

Italia, paese altamente inquinante


Gli Stati Uniti, l'Arabia Saudita e l'Australia sono tra i paesi che inquinano di piu' al mondo e si impegnano meno per la protezione ambientale, ma c'e' anche l'Italia tra le nazioni che emettono la maggiore quantita' di gas serra nell'atmosfera e, allo stesso tempo, sono dotate di politiche climatiche ''insufficienti e inadeguate''. E' quanto emerge dall'edizione 2008 dell'indice sulla performance del cambiamento climatico (CCPI), una misura utilizzata dal 2005 dall'ong tedesca Germanwatch per valutare gli sforzi dei principali paesi del mondo in fatto di controllo delle emissioni di Co2. Presentato oggi a Bali nell'ambito della Conferenza Onu sul cambiamento climatico, il rapporto vede al primo posto la Svezia con un voto di 65,6 punti nella graduatoria di 56 paesi presi in esame. La seconda posizione e' andata alla Germania che, pur essendo - come l'Italia - un Paese con elevate emissioni di Co2, si impegna molto per la protezione climatica. Risultato: l'Italia e la Germania sono entrambi tra i dieci paesi che inquinano di piu' (rispettivamente con quote dell'1,67% e del 3% delle emissioni globali di gas serra), ma l'Italia e' al 41/mo posto della classifica complessiva (con 47 punti) rispetto al secondo posto della Germania (con 64,5 punti). Al terzo posto della graduatoria dei 56 paesi c'e' l'Islanda con 62,6 punti. A livello Ue, sono andati peggio dell'Italia solo la Grecia (46,8 punti), l'Irlanda (46,4), Cipro (46) e il Lussemburgo, che e' il Paese con il voto piu' basso (39,2 punti) tra i Ventisette. A livello globale, l'ultima in classifica e' l'Arabia Saudita con 30 punti, preceduta dagli Usa (33,4), dall'Australia (35,5) e dal Canada (37,6). Ma neanche i paesi piu' virtuosi soddisfano completamente Germanwatch, che nel suo rapporto osserva: ''Se la protezione contro il cambiamento climatico fosse una disciplina olimpica, nessun Paese meriterebbe di salire sul podio dei vincitori''. Nel caso della Svezia, ha commentato Jan Burck di Germanwatch, il Paese ''gode di livelli di emissioni relativamente bassi, ma la sua performance riguardo alla politica climatica e' solo su livelli medi''. Per questo, ha concluso, ''non vuol dire che i 'vincitori' abbiano politiche di tutela del clima straordinarie''.

giovedì 6 dicembre 2007

Ancora guerra in Kossovo?


L'umiliazione della Serbia procede con l'asportazione del Kosovo, che da lunedì entrerà nell'ultima fase. Come eredi del non-allineamento della Jugoslavia, per aver quindi detto no alla Nato e alla Ue, i serbi pagheranno. La risoluzione 1244 dell'Onu, per la quale il Kosovo è Serbia, con la consegna del rapporto della troika (Russia-Ue-Usa) all'Onu stessa non sarà più calpestata: sarà stracciata. E venerdì 14 il Consiglio d'Europa dirà «che lo status quo in Kosovo non è sostenibile e che occorre una soluzione rapida». Imposta da Washington per chiudere a pro musulmani una pratica e aprirne un'altra contro altri musulmani: in Iran.
E i serbi? Sempre il documento già pronto al Consiglio d'Europa dice che, «se vorranno», cioè se non si ribelleranno all'umiliazione, «progrediranno più rapidamente dagli altri sulla strada europea». Ma ecco la tabella di marcia dell'esproprio del Kosovo. New York, mercoledì 19: la questione Kosovo giungerà all'Onu, ma la Russia bloccherà la procedura; gli Usa vorranno l'indipendenza a metà gennaio e facilmente l'avranno. Il socialdemocratico serbo Boris Tadic perderebbe allora le elezioni presidenziali del 20 gennaio; se le vincesse il nazionalista Tomislav Nikolic, delfino di Vojislav Seselj (in galera all'Aia), avremmo un bis danubiano del caso Hamas in Palestina.
E anche la Belgrado moderata ormai reagisce. Un consigliere del capo del governo, Vojislav Kostunica, ha detto ieri in tv: «L'interesse nazionale si difende anche con le armi». Un portavoce di Tadic l'ha smentito, ma ormai è questa l'aria che tira.
I kosovari albanofoni staranno buoni e senza governo fino a lunedì. Poi il Pdk ne formerà uno, che, dopo il capodanno ortodosso, proclamerà l'indipendenza. Seguiranno rapidi riconoscimenti internazionali, a cominciare da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Allora i ventisette Paesi delle Ue si riuniranno e i più s'adegueranno. A quel punto la Serbia taglierà acqua ed energia elettrica al Kosovo, ne bloccherà confini e farà ostruzione in sede Osce (presieduto dal 1° gennaio dal Kazakhistan!), Coe e Unsc, le relazioni con chi ha riconosciuto l'indipendenza saranno rotte, se il Paese in questione non conta; saranno ridotte, se il Paese in questione conta. Una risposta militare è improbabile; non quella paramilitare. Ci sarebbe una nascente Legione santo zar Lazar. Se questa è storia, la cronaca è che a Belgrado si rivedono, coi giornalisti, i mercanti d'armi.

mercoledì 5 dicembre 2007

L'altro volto della Chiesa

Non sempre la chiesa è un luogo di protezione e meditazione...

Violentata per anni da sette preti, ha vinto un risarcimento record. Rita Milla, che oggi ha 46 anni, ha subito violenze sessuali a partire dall'età di 16 anni; ma oggi l'arcidiocesi di Los Angeles, retta dal cardinale Roger Mahony, ha dovuto tirare fuori dalle proprie casse mezzo milione di dollari. E lo stesso cardinale ha fatto le spese in prima persona della rabbia della gente sconvolta per gli scandali sessuali in cui è rimasta coinvolta la Chiesa californiana: lo scorso anno Mahony è stato vittima di un'aggressione violenta da parte di un uomo per strada, secondo quanto hanno raccontato alcuni sacerdoti con cui il cardinale si confidò.

Il caso di Rita Milla, riferito dalla rete tv Cbs e finito su tutte le prime pagine dei giornali americani, è particolarmente crudo: la donna ha una figlia da uno di questi sacerdoti, mentre un altro aveva cercato di farla abortire dandole il denaro per recarsi nelle Filippine dove mettere in atto l'interruzione della gravidanza.

Per la diocesi di Los Angeles è solo l'ultimo capitolo di una lunga serie di abusi sessuali: di recente la Chiesa della metropoli californiana ha pagato ingenti risarcimenti per centinaia di casi di violenze e molestie sessuali di cui si sono resi colpevoli negli anni sacerdoti del proprio clero. L'aggressione del cardinale Mahony si colloca in questo contesto: è avvenuta lo scorso anno, proprio dopo un patteggiamento di 660 milioni di dollari per gli abusi sessuali compiuti su oltre 500 minori della comunità. E' stato il maggiore ad essere mai stato pagato negli Stati Uniti per un caso di questo tipo. L'aggressione di Mahony, finora rimasta segreta, è stata riferita da alcuni preti che erano presenti all'incontro in cui lui la raccontò. Nessun commento ufficiale arriva oggi da parte del cardinale, che, secondo i racconti, ci mise un mese per rimettersi dall'assalto.

E' stata l'avvocato di Rita Milla, Gloria Allred, a rivelare alcuni particolari della vicenda giudiziaria. La donna aveva 16 anni quando il prete Santiago Tamayo cominciò a molestarla sessualmente e poi iniziò ad avere una relazione con lei. Quindi Tamayo le presentò altri sei sacerdoti che abusarano sessualmente di lei, e uno di essi la mise incinta.

Poco prima di morire, nel 1999, don Tamayo si scusò con la donna e fornì le prove che incastrarono gli altri preti colpevoli di aver compiuto violenze sessuali su Rita Milla. Ancora nel 2003 un tribunale dello Stato della California stabilì che il padre della figlia della donna era proprio un sacerdote, Valentie Tugade.

Sullo scandalo l'arcidiocesi di Los Angeles non ha voluto commentare, ma il cardinale Mahony ha rilasciato una dichiarazione con la quale ha voluto riconfermare l'impegno della Chiesa degli Stati Uniti nella protezione dei bambini e nella prevenzione degli abusi sessuali.

E' solo dei giorni scorsi un altro caso di abusi sessuali aveva colpito la Chiesa americana. La diocesi di Davenport, nello Stato dell'Iowa, aveva accettato un accordo legale in base al quale dovrà sborsare 37 milioni di dollari a 156 vittime di abusi sessuali commessi dai suoi sacerdoti fra il 1930 e il 2003.

martedì 4 dicembre 2007

L'Australia penalizza la Nutella


Brutto colpo per i golosi australiani. Un'associazione dei consumatori ha inserito la Nutella nella "lista nera" dei cibi che fornirebbero informazioni non veritiere. Una bocciatura in piena regola. La Nutella compare nel capitolo "bassa integrità" perché, secondo il portavoce dell'associazione, utilizza una pubblicità scorretta. "Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che la vendono come prodotto a basso indice glicemico".

La crema più famosa al mondo, con cui sono cresciute intere generazioni di bambini, "è fatta con olii vegetali e zucchero, con solo il 13 per cento di nocciole. Anche la torta al cioccolato o la glassa delle torte hanno lo stesso basso indice, ma certo non le daresti ai bambini per colazione", obiettano - secondo quanto riporta l'Ansa - all'associazione "Choice".

Giù le mani dalla Nutella
Che la Nutella non sia un alimento propriamente dietetico, lo si sapeva. Ma che cosa sono qualche grammo in più in confronto al suo sapore, che ricorda con un pizzico di malinconia la nostra infanzia?

Nella lista nera si trovano, per la cronaca, anche guinzaglio che si strappa al minimo sforzo, un succo di frutta che costa circa 50 euro ma con pochissime vitamine e un frisbee di cui il manuale avverte che non deve essere tirato verso le persone. La lista, secondo il portavoce di Choice Christopher Zinn, "vuole evidenziare la pazzia di alcuni dei prodotti presenti sul mercato australiano".

giovedì 29 novembre 2007

Un porno sarebbe stato più educativo!!



Riporto qui di seguito un giudizio sulla serie "Il capo dei capi", stasera ultima puntata...leggete un pò..

«La messa in onda di un film porno in prima serata avrebbe prodotto sicuramente effetti meno nocivi»: usa un paradosso Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, per bocciare Il capo dei capi, la fiction di Canale 5 dedicata alla storia di Totò Riina che chiude questa sera. Un prodotto, spiega Marziale in una nota, che propone «un messaggio offerto agli adolescenti pedagogicamente distruttivo» e che pertanto «non può essere affatto definito d’impegno sociale».

«La sceneggiatura redatta intorno alla centralità di una figura delinquenziale di così elevato rango - continua il presidente dell’Osservatorio - è da ritenersi antitetica al concetto d’impegno sociale, perchè la trasposizione mediatica del personaggio centrale risulta suadente in un’era in cui il successo è perseguibile speditamente e ad ogni costo, come nel caso della mitizzazione di gente indagata per gravissimi reati, che assurge al ruolo di ospite d’onore nei salotti televisivi e viene contesa a colpi di euro».

Per Marziale, «i media generalisti, da considerarsi a tutti gli effetti agenzie di socializzazione per le masse in età evolutiva, in quanto forgiando modelli finiscono per educare ed imporre stili di vita, dovrebbero prestare maggiore attenzione agli effetti che certe produzioni potrebbero sortire».

mercoledì 28 novembre 2007

Allarme clima dall'ONU: ultimo rapporto UNDP


Ridurre dell'80% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Investire annualmente almeno 86 miliardi di dollari entro il 2015 in iniziative di adattamento delle infrastrutture e a tutela della popolazione povera a rischio per gli effetti del cambiamento climatico. Popolazione a rischio che già adesso ammonta a un miliardo di persone. E infine tassare le emissioni di anidride carbonica (Co2).

Sono queste le tre principali misure contenute nel rapporto dell'Undp (Il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) in vista della conferenza di Bali (3-14 dicembre) che dovrà negoziare l'accordo che darà seguito all'attuale Protocollo di Kyoto.

IL RAPPORTO - Il Rapporto sullo sviluppo umano 2007/2008, intitolato «Resistere al cambiamento climatico», fa notare che la maggioranza dei paesi Ocse è in ritardo rispetto agli impegni assunti. Sottolinea inoltre la discrepanza tra gli obiettivi fissati a livello politico per ridurre le emissioni di gas serra e le politiche energetiche attuali in molti paesi dell'Unione europea. Gli autori sostengono che i paesi ricchi stanno alimentando una crisi del debito ecologico che si ripercuoterà nel modo più immediato e profondo sui poveri del mondo.
Secondo il rapporto, mutamenti pericolosi del clima «saranno inevitabili» nei prossimi 15 anni se le emissioni seguiranno la tendenza dei 15 anni precedenti. Per questo i cambiamenti climatici «impongono all'umanità scelte sostanziali» e per evitare «rischi catastrofici» si può «solo» scegliere di «intervenire con urgenza» ma la «consapevolezza di questa urgenza al momento manca». Tra le novità del Rapporto, la proposta di istituire un fondo ad hoc di 25-50 miliardi di dollari l'anno per le energie sostenibili.

Ecco secondo il rapporto i principali effetti dei cambiamenti climatici:

POPOLAZIONI IN PERICOLO - Quasi un miliardo le persone che già oggi rischiano eventi catastrofici: 344 milioni quelle esposte a cicloni tropicali, 521 milioni a inondazioni, 130 a siccità, 2,3 milioni a frane. L'approccio attuale all'emergenza clima sarà cruciale per il 40% più povero, cioè circa 2,6 miliardi di persone. Per dare un'idea delle proporzioni, nei Paesi Ocse le catastrofi climatiche hanno colpito un abitante su 1.500, mentre nei Paesi in via di sviluppo il dato è di 1 su 19.

SALUTE - La diffusione delle principali malattie mortali potrebbe aumentare come la malaria, che già causa circa un milione di decessi all'anno e potrebbe colpire altri 220-400 milioni di persone. Inoltre l'espansione della febbre di dengue potrebbe aumentare le persone a rischio da 1,5 miliardi a 3,5 miliardi entro il 2080.

SICUREZZA ALIMENTARE - La malnutrizione potrebbe colpire 600 milioni entro il 2080.

ECOSISTEMI - Metà dei sistemi di barriere coralline è soggetto allo sbiancamento e i ghiacci si stanno sciogliendo, specie nella regione artica. Con un aumento delle temperature così veloce piante e animali sono in pericolo: se il pianeta dovesse scaldarsi di 3 gradi, il 20-30% delle specie terrestri sarebbe a rischio estinzione.

Ecco invece le possibili contromisure contenute nel rapporto:

OBIETTIVI - Riduzione di gas serra di almeno l'80% entro il 2050, con riduzioni del 20-30% entro il 2020 per i paesi ricchi (in linea con quanto deciso dall'Unione europea); riduzione del 20% di emissioni entro il 2050 per i paesi in via di sviluppo.

EMISSION-TAX - Tassazione delle emissioni a un livello di 10-20 dollari per tonnellata di Co2 nel 2010 con incrementi annuali fino alla quota di 60-100 dollari per tonnellata di Co2. L' adozione di sistemi di contenimento di scambio di quote di emissioni che riducano del 20-30% le emissioni di Co2 entro il 2020: il 90-100 per cento dei permessi deve essere scambiato entro il 2015.

ADATTAMENTO - Servono finanziamenti «nuovi e aggiuntivi» pari ad almeno 86 miliardi di dollari l'anno entro il 2015.

FONDO MITIGAZIONE - Creazione di un Fondo mitigazione cambiamenti climatici (Ccmf) dell'ammontare di 25-50 miliardi di dollari l'anno per investimenti in energie a basse emissioni nei paesi in via di sviluppo.

MIX ENERGETICO - Per l'Onu il nucleare avrà un ruolo importante ma non sarà la soluzione. Il 20% di rinnovabili fissato dall'Ue per l'elettricità «è realizzabile». Importanti i capitoli efficienza energetica e cattura e stoccaggio delle emissioni

POST-KYOTO - Giungere a un accordo internazionale vincolante che comprenda i paesi in via di sviluppo e dove i paesi industrializzati assumano un ruolo guida.

martedì 27 novembre 2007

Svizzera... inferno degli Africani..

Africani, state alla larga dalla Svizzera! Firmato: il governo svizzero.



L'ammonizione, sotto forma di uno spot tv, s'è materializzata nelle case di molti paesi africani martedì 20 novembre durante l'intervallo della partita amichevole Svizzera-Nigeria. Un immigrato di colore telefona al padre da una cabina telefonica e gli racconta di com'è bella e civile la Confederazione elvetica: in realtà vive sulla strada, s'arrangia con l'elemosina, ed è perseguitato dalla polizia. Una campagna anti-stranieri, per scoraggiare l'arrivo di altri cittadini africani, con un messaggio che non potrebbe essere più esplicito: non venite da noi, non c'è lavoro per tutti, finireste nel girone degli ultimi.

A confezionare l'annuncio è stato il dipartimento dell'emigrazione, il cui responsabile, Eduard Gnesa, ha dichiarato al Sonntags Blick, il quotidiano popolare di Zurigo che ha svelato il caso: "Abbiamo la responsabilità di aprire gli occhi a queste persone affinché si rendano conto della vita che potrebbe attenderle".

Il leader populista, e fresco trionfatore delle ultime elezioni politiche, il ministro della giustizia Christoph Blocher, ha benedetto l'iniziativa: "Dobbiamo dimostrare agli africani che non siamo un paradiso!". Gli svizzeri sembrano apprezzare. L'83 per cento dei lettori del Sonntags Blick si dice d'accordo con Blocher. Sui blog le voci critiche sono perlopiù isolate. "Dov'è finita la nostra identità? Se passeggio nella mia città, Biel, ho la sensazione di trovarmi in Africa. E' tempo di fermarli", scrive Bootvoll, la barca è colma, un nome che riecheggia il titolo del film del regista Markus Imhof sul mancato accoglimento di sei rifugiati politici nella neutrale Svizzera durante la Seconda Guerra Mondiale.

La disoccupazione è pressoché inesistente, ferma al 3,5 per cento, ma il governo motiva la sua campagna con le difficoltà a garantire agli immigrati di colore un regolare permesso di soggiorno, che viene concesso solo se si può vantare un impiego fisso. "La forza lavoro africana è ricercata poco o nulla" fanno notare dal dipartimento. "L'unica chance è quella di chiedere asilo, una trafila complicata e lunga, da cui intendiamo scoraggiarli. E poi il nostro è anche un modo per risparmiare sul budget previsto per i rifugiati".

"Migliaia di africani, in cerca di fortuna in Europa, annegano nel Mediterraneo" ammonisce Gnesa. "Anche da questi rischi intendiamo metterli in guardia". Lo spot sembra aver fatto scuola. Altri paesi europei intendono seguire l'esempio elvetico. Pare che l'Unione europea stia collaborando già con la Svizzera per mandarne in onda uno sulla tv pubblica del Camerun. Lo spot per il Congo invece è già quasi pronto.

lunedì 26 novembre 2007

Russia sempre più autoritaria



Lo zar abbassa la maschera e mostra il suo vero volto. La repressione a tutto campo del dissenso prende le forme dei manganelli, della polizia antisommossa, degli arresti di massa. Il fine settimana si chiude con centinaia di persone arrestate a Mosca e San Pietroburgo. Tra di loro, Garry Kasparov, l'ex campione di scacchi e leader de 'L'Altra Russia', Boris Nemtsov e Nikita Belykh, dell'Unione delle forze di destra, entrambi candidati alle politiche del 2 dicembre.

In vista delle elezioni della settimana prossima, le timide manifestazioni dell'opposizione (qualche centinaio di persone sabato a Mosca, poche migliaia ieri a San Pietroburgo) stroncate quasi sul nascere danno l'esatta immagine di una Russia che, senza accorgersene, quasi con compiacenza, sta lentamente affondando verso l'autoritarismo. La gente comune, più che avere paura, non ha nessuna voglia di scendere in piazza. Assuefatti alla propaganda televisiva, soddisfatti dell'operato di un presidente che ha sollevato un Paese la cui economia è cresciuta, dal '99, del 7 percento all'anno e la cui inflazione è precipitata dal 127 percento al 9 percento dello scorso anno, i russi sembrano essere addomesticati, narcotizzati da uno status quo che li fa rimpiangere sempre meno i 'bei tempi' del Partito Comunista, che a tutti, volenti o nolenti, provvedeva. Anche perchè oggi il Partito Comunista si chiama Russia Unita. Dal collasso dell'Unione Sovietica, il partito di Putin ha fagocitato gli oppositori, riducendo a zero il pluralismo e monopolizzando la scena politica. La Duma, il parlamento russo, è dominata dagli uomini del presidente, che rappresentano i due terzi dei deputati.

La Duma può rifiutare le candidature alle elezioni presidenziali, quelle per il governatore della Banca centrale, quelle per il Procuratore generale e per il Primo ministro. La Duma può porre la sfiducia al governo in carica e chiedere l'impeachment del presidente. Ma la Duma può anche emendare la Costituzione, e consentire allo zar un nuovo mandato presidenziale. Cosa che Putin ha escluso, per presentarsi forse come Primo ministro, o sotto altre vesti, che gli consentano comunque di mantenere il potere. E' in questa ottica che la Duma è così importante. Perché rappresenta l'organo costituzionale che legittima il potere del presidente. Ma che, nel caso russo, ne è docile e acquiescente emanazione. E forse è proprio in questa ottica che le blande manifestazioni del fine-settimana sono state prontamente zittite, così come agli osservatori internazionali è stato bloccato l'accesso al Paese per le elezioni del 2 dicembre. Perché rappresentano dei pericoli, seppur minimi, che la scintillante immagine dello zar venga offuscata, impedendo al fortunato volo del suo partito verso il controllo totale del Parlamento di procedere stabile e sicuro. Senza fastidiose turbolenze

venerdì 23 novembre 2007

Gomorra di Saviano conquista NY


Roberto Saviano si è conquistato un posto nell'Olimpo degli autori stilato dal New York Times. Il prestigioso quotidiano ha infatti inserito Gomorra (uscito poche settimane fa negli Stati Uniti edito da Farrar, Straus & Giroux con il titolo Gomorrah) nell'elenco dei cento migliori libri del 2007 nella sezione "non fiction".

Il libro di Saviano appare nell'elenco dei "100 notable books of 2007", stilato ogni anno dal New York Times, accanto a biografie, saggi, studi storici rigorosamente in ordine alfabetico, ognuno con due righe di motivazione e il rimando alla recensione. "Un viaggio personale nel violento impero internazionale della criminalità organizzata napoletana" si legge sulla copertina dell'edizione americana di Gomorra, cui il Nyt aggiunge: "un potente reportage che alla sua uscita ha scatenato un dibattito in Italia". Domani il quotidiano si occuperà nuovamente del libro con una recensione nelle pagine culturali, e annuncia che la sintesi dell'annata, ossia i migliori dieci del 2007, saranno resi noti sul sito il prossimo 28 novembre.

Il New York Times si era già occupato ai primi di novembre di Roberto Saviano che aveva definito "una sorta di Salman Rushdie nella lotta ancora irrisolta dell'Italia contro il crimine organizzato". Il quotidiano aveva presentato così il libro appena uscito negli Usa e la vicenda dell'autore di Gomorra, dedicandogli un ampio profilo nell'edizione del sabato. Il Nyt parla del libro di Saviano come di "un urlo letterario che fa nomi, degli assassini e degli assassinati, in uno stile ispirato dal criticismo dell'Italia privo di compromessi del regista Pier Paolo Pasolini e dalla devozione per i dettagli sporchi di Truman Capote".

In quell'occasione Saviano aveva detto al quotidiano di aver "sempre odiato, a livello personale, non solo intellettuale", i camorristi che ora lo hanno messo nel mirino e costretto a vivere sotto scorta. "E' un odio molto personale - aveva affermato lo scrittore - perché hanno rovinato il mio paese, forzato la gente a emigrare, ucciso persone oneste. So dove colpirli per farli veramente irritare".

L'opera prima del giornalista-reporter, caso letterario dell'anno, testimonianza di una realtà spietata e durissima, è intanto diventato uno spettacolo teatrale che dopo il felice debutto a Napoli arriverà presto a Roma, al teatro Valle, dove sarà in scena dal 27 novembre all'8 dicembre. Ma Gomorra sarà anche un film: i diritti cinematografici sono stati acquistati dalla Fandango, e la regia è stata affidata a Matteo Garrone che ha trasformato il romanzo-inchiesta in sei episodi. Tra gli interpreti anche Toni Servillo nel ruolo di un personaggio incaricato di far sparire e interrare i rifiuti tossici.

giovedì 22 novembre 2007

Ancora tagli alla Ricerca


Come al solito, in Italia, la ricerca non decolla, e non perchè manchino le menti e l'impegno, ma perchè non ci sono le risorse economiche...o per lo meno, ci sono, ma non si sà dove vadano a finire...
E' stato annunciato, con conseguente grande stupore e delusione da parte di Cnr, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto nazionale di atsorfisica, che i 50 milioni di euro in più stanziati già per il 2007, e previsti dunque nella Finanziaria 2006, sono stati ridotti del 40% per "motivi contabili", secondo quanto precisato dal Ministero dell'Economia.

Tale decurtazione, che chiaramente mette in difficoltà non solo gli enti che ne subiranno le conseguenze, non potendo organizzare, ad esempio, trasferte internazionali necessarie per mantenere salde le partnership avviate, ma anche chi vi lavora, comporterà, tra l'altro, una ricaduta nel bilancio del 2008, che sostanzialmente sarà identico a quello del 2007. Cioè quello più di sacrificio degli ultimi anni.

Viva l'Italia...

mercoledì 21 novembre 2007

Emergenza Bangladesh


Il ciclone Sidr, che il 15 novembre si è abbattuto nei distretti di Khulna, Baribal, Barguna e Mongolanel del poverissimo Bangladesh, ha fin'ora causato la morte di circa 3.500 persone, anche se il bilancio potrebbe aumentare a 10.000/15.000.
A migliaia di persone sono stati già prestati i primi soccorsi. Ma sono ben più ampi i bisogni sul terreno: il ciclone ha colpito scuole, edifici, strade. La quasi totalità del raccolto di riso è andata distrutta. Gravi anche le conseguenze per l'ambiente: un disastro ecologico, con la devastazione - ad esempio - del parco delle Sunderbans, la più grande foresta di mangrovie del mondo, patrimonio dell'umanità, oltre a una riserva eccezionale di animali rari.
Per sostenere gli aiuti, la Repubblica ha lanciato un appello, e cioè quello di partecipare alla raccolta fondi promossa da Agire, l'Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze, che raggruppa alcune fra le più importanti e autorevoli organizzazioni non governative italiane presenti in questo momento in Bangladesh: ActionAid, Amref (African Medical and Research Foundation), Save the Children, Terre des Hommes, Vis (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Wwf.

Questi aiuti non risolveranno certamente la situazione del Paese, che soffre di gravi problemi di povertà riscontrabili anche in condizioni "normali"; sono però aiuti che, al momento, rappresentano un importante braccio col quale risollevarsi un pò.

martedì 20 novembre 2007

Nuova caccia alle balene

Riporto, qui di seguito, la cronaca di una nuova mattanza di balene ad opera del Giappone.

Sono partite all'assalto nel più totale anonimato, spegnendo i segnali radio che permettono di identificare le navi. Tra un mese arriveranno a destinazione, nell'area antartica, per festeggiare il Natale massacrando balene. Sono le otto imbarcazioni che costituiscono la flotta da caccia giapponese: quattro catcher per inseguire e uccidere le prede, una nave fattoria per macellare i più grandi animali del mondo, un paio di ricognitori e una barca appoggio.

Gli arpioni nipponici si muovono verso Sud con l'obiettivo di uccidere più di mille balene in nome della scienza. Tokyo non può violare formalmente la moratoria che è stata decisa vent'anni fa dalla Commissione baleniera internazionale allo scopo di evitare la rapida estinzione di Moby Dick: la sua è ufficialmente una missione di studio. Ma una balenottera comune (che noi chiamiamo così perché si trova anche nel Mediterraneo anche se ormai è tutt'altro che comune) pesa tra le 60 e 80 tonnellate: sembrerebbe offrire materiale sufficiente per dare lavoro a parecchi laboratori, eppure da due decenni la flotta giapponese uccide "per motivi scientifici" centinaia di balene l'anno.

Questa volta Tokyo ha alzato il tiro: nel mirino degli arpioni entreranno non solo 935 balenottere minori e 50 balenottere comuni ma per la prima volta anche 50 megattere, una specie rara e amatissima dagli appassionati di whalewatching. Gli australiani le conoscono per nome e le identificano al passaggio: il prossimo anno ne identificheranno qualcuna in meno.

"E' un massacro condotto in nome di un concetto distorto delle tradizioni nazionali, di usanze alimentari scomparse da molti decenni", accusa Alessandro Giannì, il responsabile mare di Greenpeace. "Nonostante anni di campagne di promozione nelle scuole, il rito del sushi di balena è morto. Il 95 per cento dei giapponesi non ha mai mangiato carne di balena o l'ha assaggiata solo per curiosità. E quindi l'industria privata non potrebbe sostenere una campagna così costosa. Paga il governo: 50 milioni di dollari per tenere il punto. Ma gli islandesi, gli unici altri, assieme ai norvegesi, a praticare questo massacro, hanno preferito smettere ammettendo che non c'è mercato per la carne di balena".

Il mercato manca e le balene pure. Delle 250 mila balenottere azzurre che battevano i mari del Sud è rimasta solo una piccola rappresentanza: circa 3 mila esemplari. Ancora meno le balene boreali: mille. In tutto il mondo resta probabilmente un milione di esemplari, forse meno.

La loro sorte è appesa al filo degli equilibri politici all'interno della Commissione baleniera internazionale, una struttura nata nel dopoguerra che nel 1963 ha deciso la moratoria per la caccia alle megattere e nel 1987 ha esteso l'alt a tutte le specie. Negli ultimi anni però il pressing guidato dal Giappone e sostenuto da Norvegia e Islanda ha fatto crescere i voti a favore degli arpioni. Per la ripresa della caccia si sono schierati piccoli paesi in via di sviluppo i cui destini economici sono legati agli scambi commerciali con Tokyo.

Se la moratoria venisse interrotta è probabile che la mattanza durerebbe poco per mancanza di materia prima. Le stime sulle popolazioni di balene sono molto approssimative: i veri numeri potrebbero essere più bassi. Anche perché ai due secoli di caccia indiscriminata si sono aggiunte altre minacce. In primo luogo l'inquinamento da petrolio, metalli pesanti, diossine e pcb che ha prodotto risultati paradossali: pochi mesi fa il corpo di una balena finito su una spiaggia tedesca è stato smaltito come rifiuto speciale perché conteneva una percentuale consistente di inquinanti.

Poi ci sono le collisioni con le navi e le catture accidentali nelle spadare e in altre reti killer. Infine il disastro atmosferico. Da una parte l'indebolimento dello scudo di ozono, dall'altra l'aumento dell'effetto serra che ha modificato il ciclo vitale nell'area antartica favorendo le meduse e facendo diminuire il plancton di cui si nutrono le balene.

"Il cambiamento climatico sta mettendo in crisi ovunque l'equilibrio del mare e la sopravvivenza dei grandi cetacei e questa è una ragione in più per moltiplicare le misure di protezione", ricorda il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. "E da questo punto di vista ci sono anche buone notizie. Oggi abbiamo raggiunto un accordo con il governo tunisino e con quello di Malta per creare nel Canale di Sicilia un secondo santuario per le balene dopo quello istituito tra la Costa Azzurra, le Bocche di Bonifacio e la Liguria. E' una decisione importante perché l'area tra Lampedusa e la Tunisia è un grande serbatoio di biodiversità, una nursery del Mediterraneo".

domenica 18 novembre 2007

Pinguini gay


Allo zoo di Central Park a New York ci sono molte coppie di pinguini. Una è composta da due maschi, Roy e Silo, che, qualche anno fa, grazie a un guardiano illuminato ed esperto in pene d'amore tra pennuti, hanno messo su famiglia. Covando prima un sasso e poi un uovo vero, ovviamente eterologo, da cui è nato il "loro" pulcino, Tango. Il fatto ha ispirato un libro per bambini, tra i 4 e gli 8 anni, che leggono a malapena, illustrato con tre tenerissimi pinguini che sbattono le ali felici e appassionatamente insieme, come non accade più neanche nelle famiglie tradizionali.

Il libro per bambini, And Tango Makes Three (Simon & Schuster), ha scatenato, nella perbenista USA, una valanga di critiche e di reazioni da parte di genitori che, indignati e impauriti, hanno marciato in biblioteca e strappato il libro dagli scaffali.
Questo non ha impedito al libro di arrivare alla decima ristampa e di essere tradotto in Spagna, Corea, Canada e Regno Unito. E, speriamo, presto anche in Italia. Siccome ogni volta che gli Usa starnutiscono l'Inghilterra si prende il raffreddore, ecco che un gruppo di insegnanti, con il finanziamento delle università di Sunderland ed Exeter e l'Institute of Education, ha lanciato un progetto pilota, No Outsiders (che terminerà nel dicembre del 2008), per adottare Tango e altri libri sullo stesso argomento in 15 scuole elementari. Motivo: combattere l'omofobia prima ancora che si manifesti nel cortile della ricreazione.

..Si sà, "È proprio a scuola che si sviluppa l'omofobia", dice Elizabeth Atkinson, insegnante della Sunderland University e coordinatrice di No Outsiders.

venerdì 16 novembre 2007

Tutte le perdite nei conflitti


Riporto, qua di seguito, il bilancio dei morti nei Paesi attualmente vittime di conflitti:
Questa settimana, in tutti i paesi ancora in guerra, sono morte almeno 864 persone
Algeria
Questa settimana è morta una persona. Dall’inizio dell’anno i morti sono almeno 274
Iraq
Questa settimana sono morte almeno 388 persone (380 iracheni e 8 militari della Coalizione).
Dall’inizio dell’anno i morti sono almeno 26.991
Israele e Palestina
Questa settimana sono morte almeno 9 persone (9 palestinesi nella striscia di Gaza).
Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 461
Afghanistan
Questa settimana sono morte almeno 87 persone (di cui 7 civili, 55 talebani, 2 militari afgani e 23 soldati Nato).
Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 6.412 persone (di cui 1.347 civili, 4.033 talebani, 707 militari afgani e 228 soldati Nato).
Cecenia, Inguscezia e Daghestan
Questa settimana sono morte almeno 9 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 749
Pakistan aree tribali
Questa settimana sono morte almeno 14 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 2.457
Sri Lanka
Questa settimana sono morte almeno 161 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 3.151
India Nord Est
Questa settimana sono morte almeno 13 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 867
India Kashmir
Questa settimana sono morte almeno 27 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 717
India Naxaliti
Questa settimana sono morte almeno 8 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 566
Thailandia del Sud
Questa settimana sono morte almeno 10 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 459
Filippine islamici
Questa settimana sono morte almeno 6 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 148
Nepal
Questa settimana è morta almeno una persona. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 92
Filippine Npa
Questa settimana sono morte almeno 6 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 150
Turchia (Kurdistan)
Questa settimana sono morte almeno 4 persone . Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 400
Somalia
Questa settimana sono morte almeno 70 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 2.009
Rep. Dem. Congo
Questa settimana sono morte almeno 23 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 958
Colombia
Questa settimana sono morte almeno 27 persone. Dall'inizio dell'anno i morti sono almeno 483

Non tutti i conflitti qua elencati vengono presi in considerazione da gran parte dell'opinone pubblica; molte sono guerre dimenticate, di alcune non se ne conosce neanche l'esistenza nè, tantomeno, la ragione...guerre di serie A e di serie...Z!

giovedì 15 novembre 2007

Dal pregiudizio alla conoscenza


C'è un argomento al quale sono particolarmente legata e che mi spinge a darne una "relativamente breve" trattazione: la questione dei Rom. In quest'ultimo periodo, proprio in relazione ai diversi fatti di cronaca avvenuti, si è parlato tanto di rumeni, romeni, Rom, facendo più confusione che chiarezza sull'identità di questi ultimi. I rumeni sono gli abitanti della Romania, esattamente come gli italiani sono abitanti dell'Italia. I Rom sono un'etnia a parte: noi tendiamo ad identificarli con degli eteronimi, tra cui il più diffuso è il termine Zingaro (Tsinganes in francese, Zigeneur in tedesco, Zigenare in svedese) che probabilmente deriva da Atsinganos o Atsinkanos, una setta dell'Asia minore i cui adepti consideravano impuro ogni contatto con estranei; resta il dubbio sul perchè gli Zingari fossero associati proprio a loro.
Eppure, gli Zingari, o gitani, non usano tali nomi per definirsi, ma hanno degli autonimi: Rom/Roma, Manush o Sinti/Sinte o Kalè; si tratta di definizioni che identificano gruppi molto eterogenei tra loro, che si distinguono per lo più per la loro data di arrivo nei paesi europei (da quelli di più antico insediamento attorno al 1300/1400, a quelli di più recente immigrazione). A loro volta, ognuno di questi gruppi si suddivide in sottogruppi utilizzando un ergonimo (Rom Kalderash = calderaio; Rom abbruzzesi, Sinti Piemontesi). Tali nomi, usati per distinguere i diversi gruppi, non sono, tuttavia, oggigiorno più attendibili, sia riguardo i lavori tradizionali, che la collocazione geografica (ad esempio, i Rom abbruzzesi non si trovano più, esclusivamente, nella realtà geografica di riferimento). Emerge, dunque, che l'elemento più indicativo nel distinguere i sottogruppi è la lingua, grazie alla quale si è scoperto, intorno al XVIII secolo, che la terra di origine di questo popolo è l'India, da cui iniziò un'intensa ondata migratoria attorno al IX secolo, attraversando la Persia, l'Armenia, e l'impero bizantino; poi, dai Balcani, si sono diramati in tutta Europa.
I Rom, dunque, sono italiani (per lo più Rom nel centro sud e Sinti nel nord), spagnoli (Kalè), francesi, svedesi, belgi, russi, rumeni, slavi, argentini (ne esiste una porzione anche nell'america del sud) e così via.

La storia degli Zingari non nasce all'interno della comunità poichè non hanno mai utilizzato la scrittura, ma piuttosto la memoria e la tradizione orale per trasmettere la conoscenza del passato e della cultura ai posteri. La storia è stata scritta, piuttosto, dai Caggè/Gage (non Zingari) che, o per curiosità e meraviglia, o dietro incarico delle autorità pubblichè, li hanno osservati e studiati.
I primi Rom arrivarono in Italia attorno al 1422 (lo testimonia un documento- un'anonima cronaca bolognese, del 18 luglio 1422- Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori), e da allora si sono susseguite ulteriori migrazioni accompagnate da crescenti politiche di espulsione, di reclusione, di repressione e deportazione. Attualmente siamo nella fase di assimilazione, termine decisamente ambiguo col quale, da un lato ci si propone come una società aperta e disposta all'accoglienza dello straniero (ma gli zingari italiani -termine non politically correct che, tuttavia, utilizzo per fare riferimento a questa ampia ed eterogenea etnia ed evitare, così, di usare i numerosi autonimi sù accennati- non sono già italiani?!?!) a patto, però, che quest'ultimo rinunci alla propria specificità e identità.
L'eterogeneità di questo popolo riguarda anche le loro abitudini quotidiane: tante sono le famiglie italiane di etnia Rom che hanno una casa, un lavoro, un'istruzione; in Svezia, quasi tutti i Rom sono sedentari. Vi sono poi quelli che, invece, migrano spesso( tanti non per volontà, ma perchè costantemente cacciati dalle aree in cui si stabiliscono, una sorta di nomadismo forzato), e sui quali si rispecchia il pregiudizio e lo stereotipo che da secoli accompagna questa categoria.

Il dibattito politico e sociale che riguarda il popolo considerato si sviluppa attorno ad alcuni punti centrali: la percezione di peculiarità culturali troppo diverse dalle nostre per poter essere assimilate- oggi spesso si parla di integrazione-; la diffidenza della comunità italiana nei loro confronti.
Questi aspetti sono senz'altro veritieri, ma si rischia di assolutizzare la differenza culturale degli Zingari, attribuendo solo a questa la scarsa integrabilità e la mancata integrazione di questo popolo nel nostro sistema. La questione degli Zingari (e non solo) è da ricercare, forse, nella differenza che esprimono, da noi spesso negata o assolutizzata. La sopravvivenza della loro cultura, nonostante la dispersione e il nomadismo, è da ricercare proprio nella contrapposizione con i Gage (i non Zingari). Ciò non significa che qualunque intevento nei loro confronti debba rappresentare un "attentato" alla loro specificità, proprio perchè la demarcazione Zingari/Gage è costantemente ridefinita e sono proprio i Gage a definire le modalità con cui gli Zingari riproducono la propria identità. In poche parole, è la flessibilità e capacità di reagire ai cambiamenti circostanti che ha tenuto in vita questa complessa minoranza.

Questa trattazione, non certamente esaustiva nè sul piano dell'analisi etnico-culturale degli Zingari, nè per quanto riguarda le leggi oggi presenti in Europa e in Italia atte a regolamentare questo fenomeno, vuole solo stimolare una riflessione sul caso dei Rom e, perchè no, magari spingere, piano piano, a cercare maggiori informazioni- corrette- su di loro.
Oggi è necessario superare i nostri atteggiamenti caratterizzati da paure e pregiudizi, spesso dettati da una limitata effettiva conoscenza di questi gruppi, e osservare la realtà con una prospettiva diversa, sostenuta da apertura e curiosità, per ideare mezzi alternativi mediante cui costruire nuove interazioni e scambi.

mercoledì 14 novembre 2007

Laureati disoccupati


Una ricerca realizzata dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno) mostra che a tre anni dalla laurea il tasso di disoccupazione tocca livelli piuttosto alti. Il problema riguarda soprattutto il Sud, dove emerge che, secondo il quaderno "I laureati del Mezzogiorno: una risorsa sottoutilizzata o dispersa" e condotto su dati Istat dai professori Mariano D'Antonio e Margherita Scarlato dell'Università di Roma Tre, il lavoro che si riesce a trovare è atipico e soprattutto per pochi: privilegiati, raccomandati e benestanti; al di fuori di queste categoria, quasi sempre si emigra al nord.
Nel 2004, a tre anni dalla laurea, il 46,4 per cento dei laureati meridionali che hanno studiato al Sud e si sono laureati in corso è disoccupato; disoccupato anche il 43,3 per cento dei laureati con il massimo dei voti a fronte del 30,8 per cento del Centro-Nord, dove oltre l'80 per cento dei laureati fuori corso da più di tre anni ha comunque trovato un'occupazione.
Anche i dati sull'"emigrazione" sono cresciuti: nel 1992 i giovani meridionali che emigravano al Nord dopo la laurea erano il 6 per cento; nel 2001 sono diventati il 22 per cento. In valori assoluti, da 1.732 a 9.899 laureati e tra questi più ingegneri ed economisti.

Prospettive davvero demoralizzanti...tanti soldi investiti, tanto impegno e fatica, tante aspirazioni...e un bel salto nel vuoto!

martedì 13 novembre 2007

Testimonianza di un sopravvissuto nel Myanmar


Amnesty International ha raccolto la testimonianza di un monaco buddista che il 26 settembre si trovava nel monastero di Myitkyina, nel nord del Myanmar, quando i carri armati dell'esercito iniziarono a devastare tutto ciò che incontrarono. Secondo la testimonianza raccolta, il numero dei monaci è passato da 142 a 11, tra quelli arrestati e quelli entrati in clandestinità; porte rotte e sangue sui pavimenti; un monaco morto a causa dei pestaggi subiti durante l'interrogatorio...eppure il regime sostiene che tutto è tornato alla normalità. Un ritorno alla calma dopo un gratuito pestaggio di gente inerme che manifestava pacificamente contro un regime militare totalitario...
Dov'è il democratico occidente in tutto questo? E le Nazioni Unite? Come mai non si è fatto ancora nulla di concreto affinchè il premio nobel Aung San Suu Kyi possa essere finalmente rilasciata?
Forse l'assenza di petrolio e di altre risorse economiche sono la risposta a questo? Forse il Myanmar è troppo lontano per doverci occupare anche di lui?

lunedì 12 novembre 2007

Calcio e violenza


Quello che si sta verificando in questi giorni, notizie che intrecciano e fondono insieme, purtroppo, ancora una volta, calcio e violenza, sono lo specchio di una realtà multiforme, dove non è più facile distinguere la sportiva essenza del calcio dal pretesto di utilizzare quest'ultimo come strumento e motivo di conflitto. Il ragazzo ucciso per sbaglio è chiaramente una vittima, come lo sono le forze dell'ordine aggredite durante la notte a Roma...cosa centra il calcio in tutto questo?
Trovo interessante il commento di Gianni Mura, apparso sulla Repubblica, che riporto di seguito:
"Ho pensato con tristezza all'educazione emotiva che Umberto Galimberti vorrebbe nelle scuole. Ce ne sarebbe un gran bisogno, e non solo per quanto riguarda il calcio. Tra le tante immagini sui vari canali, una m'è rimasta più impressa. Un tifoso dell'Inter dei tanti davanti alla sede Rai, in corso Sempione, che grida a un poliziotto impassibile dietro lo scudo: "Ma che uomo sei, che spari in testa a un ragazzo?". E m'è venuta in mente la storia del lupo e dell'agnello, dell'acqua del ruscello sporcata da chi stava a valle, e della frase del lupo: se non sei stato tu è stato tuo fratello, o tuo padre, o qualcuno dei tuoi. Uno si prende le colpe di tutti, se non c'è educazione emotiva, sia egli poliziotto, romeno, giornalista, zingaro o ultrà.

E si continua a respirare quest'aria brutta, da giustizia sommaria, da spedizione punitiva, da assalto alle caserme, da irruzione al Coni, da auto in fiamme, da sassi in mano. Se esiste (ed esiste) un'emergenza calcio, è strettamente collegata a un'emergenza Italia che non è piacevole evocare né ammettere. Un Paese in cui sembra quasi impossibile fare distinzioni elementari, in cui (stando al tifo violento) ci si è cullati col modello inglese, la Thatcher e via dicendo, ma senza leggi adeguate, in cui per anni il delinquente che tifa e il tifoso che delinque sono stati incoraggiati a prosperare, e comunque sarà chiaro che la sola repressione non può dare buoni frutti".

A tutela del clima


Ieri è iniziato, per la prima volta in Italia, il 20° congresso del WEC (World Energy Congress), sponsorizzato da società quali Enel, Areva e EDF il cui obiettivo principale è quello di vendere il nucleare come risposta ai cambiamenti climatici.
Nel corso dell'intervento del premier Romano Prodi, alcuni climber di Greenpeace hanno srotolato un grande strisione nel quale rivendicano la necessità di abbandonare il nucleare come risposta ai cambiamenti climatici, sostenendo, piuttosto, l'utilizzo delle energie rinnovabili.
E' palese che il nucleare non sia la strada migliore da percorrere al fine di tutelare il clima, peccato però che gli interessi economici prevalgano sulla qualità della vita.
(http://www.greenpeace.org/italy/news/nucleare-wec)

domenica 11 novembre 2007

Liberi da OGM


Dal 15 settembre al 15 novembre è stata promossa, da parte di 31 organizzazioni della coalizione Italia Europa Liberi da OGM, una campagna per promuovere il bando dai nostri cibi degli OGM...basta un SI..(http://www.liberidaogm.org/liberi/default.php?flash=si)

venerdì 9 novembre 2007

La Treccani "aggiornata"


L'esempio della Treccani, che alla voce "matrimonio" sottolinea come il riconoscimento giuridico da un lato, e la tutela delle unioni di fatto dall'altro rispondono, in uno Stato democratico e laico, a principi di equità sociale, dimostra che, come spesso accade, la cultura è più avanti e più sensibile nel valutare i fenomeni sociali rispetto politica e istituzioni.
Secondo i dati riportati dalla prestigiosa enciclopedia, le unioni di fatto sono aumentate, in Italia, dall'1,8% nel biennio '94/'95, al 3,6% del totale delle coppie nel 2001. A fronte di questo fenomeno non c'è stato, però, un parallelo riconoscimento pubblico della "famiglia di fatto" equiparandola giuridicamente alla famiglia di diritto. Questa circostanza mette l'Italia, ancora una volta, dietro gli altri paesi europei (anche la storica reazionaria Spagna) che in tal senso si sono aggiornati, prendendo atto della realtà e regolamentandola.
Al di là della polemica che si è sviluppata in seguito alla diffusione della notizia riguardante l' "emancipata analisi" della voce, sarebbe opportuno riflettere con maggiore attenzione sulle attuali esigenze delle coppie, delle famiglie e della società più in generale, e su come queste si traducano nella realtà, cercando di capirle, darne contorni più definiti regolamentandole, e non ignorandole. Come ha affermato ironicamente la senatrice di Rifondazione comunista, Rina Gagliardi, "l'enciclopedia fa il suo dovere, registra la realtà. Certo, alle gerarchie ecclesiastiche e ai teodem piacerebbe che rimanesse ferma al Medioevo".