giovedì 3 gennaio 2008

Il Kenya cerca la tregua


Si è conclusa con un fiasco la manifestazione organizzata dal leader dell'opposizione, Raila Odinga, a Uhuru Park, nel centro della capitale Nairobi. “I manifestanti arrivano da tutte le parti, ma la polizia ha cordonato il parco e non fa avvicinare nessuno”, riferiva per telefono stamane a PeaceReporter A.A., un somalo che preferisce rimanere anonimo per questioni di sicurezza. “C'è polizia ovunque ma i suoi sostenitori sono già stati dispersi a colpi di idranti e lacrimogeni”. Tanto che il leader dell'opposizione, poco dopo le 14.00 ora locale, ha preferito annullare il raduno. Nella città negozi e uffici sono deserti, dappertutto uomini delle forze di sicurezza.

In vista dei già previsti incidenti, oggi Nairobi è una città fantasma. Poche macchine per strada, poca gente a parte i manifestanti. “Molti negozi sono chiusi, altri sono stati saccheggiati”, prosegue A.A. “Si vedono anche reparti scelti dell'esercito, sono loro che stanno lanciando le cariche più pesanti contro i civili. La situazione è tesa, ma tutto sommato migliore di quanto ci si potesse aspettare”.
Negli slum la tensione rimane alta: “a Mathare e Kibera ci sono stati nuovi scontri nella notte”, fa sapere a PeaceReporter S.K., un Luo costretto a lasciare la propria casa a séguito delle minacce ricevuta da parte delle gang di ragazzi Kikuyu. “Stanotte sono venuti a bussare alla mia porta, mi sono dovuto nascondere sotto il letto” prosegue. “Per fortuna mia moglie parla Kikuyu fluentemente e li ha convinti ad andarsene. La polizia è riuscita a portarmi via da Mathare, non potevo rimanere. Il mio Kikuyu stentato e la mia pelle molto scura mi identificavano subito come un Luo”. Le due principali etnie tra le 40 che compongono il Kenya, Kikuyu e Luo si accusano a vicenda di genocidio e pulizia etnica e si scontrano ormai da giorni al fianco dei loro sostenitori, il presidente Mwai Kibaki da una parte e Raila Odinga dall'altra, protagonisti dell'elezione più contestata nella storia del Paese.

Nonostante le aperture da parte di entrambi gli schieramenti politici e le pressioni della comunità internazionale, tra i due leader è guerra aperta. Odinga non vuole rinunciare alla presidenza, alla luce dei brogli che hanno caratterizzato le elezioni dello scorso 27 dicembre, da cui Kibaki è uscito vincitore con un margine di poco più di 200.000 voti. “I tempi sono maturi per un incontro, è la gente che lo chiede”, prosegue S.K. Intanto, si moltiplicano gli appelli, anche da parte del procuratore generale del Kenya, per la creazione di una commissione indipendente che indaghi sullo svolgimento delle elezioni.
L'onda lunga dei massacri avvenuti tra il weekend e sabato, in cui almeno 300 persone sarebbero morte negli scontri tra Kikuyu e Luo, sembra rifluire, tanto da spingere il governo a sostenere che gli incidenti avrebbero colpito solo il 3 percento del Paese. Rimane però molto alto il numero degli sfollati, circa 100.000 secondo l'ultimo conteggio della Croce Rossa, molti dei quali senza assistenza. Anche a Nairobi la situazione non è migliore: fonti di PeaceReporter hanno riferito che almeno 400 famiglie sarebbero accampate nei pressi dell'aeroporto, sotto la protezione dell'esercito che ha alcune basi nella zona.

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